Raccontarvi della curvatura nel giorno della zucca, all’ interno del museo della civiltà contadina (Vedi post “Storie di zucca, civiltà contadina e… curvatura. A Fagagna”), mi ha fatto ripensare ad un altro evento che si ripete ogni settembre, qui a Fagagna.

Ricordo, in particolare, Fagagna 101 … (Vedi link “Pro-loco Fagagna”)

Ma prima dovete immaginare Fagagna a settembre.

All’ alba, il sole è una palla rosso vermiglio, a est, sulla linea dell’orizzonte. La foschia di fine estate è densa a un metro dal suolo; alberi e cespugli, case e colline emergono con fatica dalle lame di nebbia sospese.

Nelle mattine serene, anche la pianura, vista dai colli, è attraversata da filamenti bianchi di nebbia pesante e indolente.

Qualche ora però, e cambia tutto. La nebbia è scomparsa e il sole è più alto, ma i raggi sono radenti e colpiscono le piante e le colline solo di lato. Le ombre si allungano e si insinuano nelle imperfezioni che ogni sasso, pianta e volto, tentano di nascondere. Il confine tra luce e oscurità è chiaro adesso, tanto che, da noi, si dice sia il miglior periodo per le decisioni importanti.

Così è stato anche per me, allora cittadina udinese convinta. Galeotto fu quel settembre con la secolare “corsa degli asini”…, anche se Paolo dovette sudare “otto” camicie per convincermi ad accettare l’invito.

Non mi appassionava proprio l’idea di spendere la domenica tra gli asini (animali per me sconosciuti). Già immaginavo l’atmosfera del posto, con la solita banda, l’aria malinconica del paese e poca gente in giro. Del resto, chi pagherebbe per vedere degli asini rincorrersi?

Per fortuna cedetti e mi trovai coinvolta in un evento sorprendente. Migliaia di persone, da ogni parte della regione, coinvolte in un tifo travolgente. Da piccola ero stata al circo, e mi aspettavo qualcosa di simile. Invece fu una competizione agguerrita, con scuderie organizzate, animali allenati e batterie vinte sempre sul filo di lana.

Alla fine, non so come, ne uscii senza voce (e sapevo tutto sugli asini!).

A gara conclusa, Paolo mi propose una passeggiata tra i borghi e un aperitivo sotto l’antica torre del castello. Non dovette insistere più di tanto, stavolta; neppure quando, a cena, mi chiese di sposarlo.

Oggi sono ancora qui e abbiamo cresciuto due figli.

Venticinque incredibili anni dopo, mi piace ripensare che in mezzo alla folla urlante di Fagagna 126 c’ erano adesso loro, con la loro Sandra o il loro Paolo, sorpresi e innamorati come lo ero io quella volta a Fagagna 101…

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